28 aprile 2020
E CERTO MOLTE COSE ANCORA
Disegnare, ritagliare, cucire, ricamare, riparare, correggere, completare; e fare il pane, strappare erbacce, camminare nel bosco, salire sulla cima della montagna qui sopra per avere uno sguardo dall'alto. Essere all'ascolto della natura che sboccia come se nulla fosse.
Non sono molto diverse da prima le mie giornate di queste ultime sette settimane. Se non il risentire un bisogno ancor più radicale di introversione, di interiorizzazione, di ascolto, che l'obbligo di rimanere a casa e la sospensione delle attività del mondo esterno, e anche il dolore e la tristezza per ciò che vediamo appena fuori dalla porta di casa, in qualche modo ci costringono a fare.
E CERTO MOLTE COSE ANCORA
E certo molte cose ancora
Vogliono da me il loro canto.
Ciò che rintocca senza verbo,
ciò che scava nel buio la pietra sotterranea,
ciò che si apre una strada nel fumo.
E ancora non ho fatto i conti,
con la fiamma, col vento, coll'acqua …
Per questo nel dormiveglia
Mi si aprono ad un tratto strane porte,
che mi indicano la stella mattutina.
Anna Andreevna Achmatova, 1962
Questa è la poesia che mi accompagna da molti mesi, e che mi recito ogni giorno come una preghiera.
Ho trovato due traduzioni per il secondo verso della poesia: "Vogliono da me il loro canto" oppure "Vogliono da me il mio canto".
Sono significative entrambe, per me, e tra questo "loro" e questo "mio" sta, credo, il mio lavoro d'artista e di essere umano.
Tradurre, dare forma intelligibile a "ciò che rintocca senza verbo", "che scava nel buio la pietra sotterranea", "che si apre una strada nel fumo", nella "fiamma", nel "vento", nell'"acqua".
Una forma che mantenga almeno una parte della potenza e del mistero della loro essenza d'origine. Un lavoro quotidiano per cercare di cogliere delle realtà, a volte notturne, spesso inquietanti, affinando l'ascolto verso ciò che le pupille visionarie vedono quando le palpebre sono abbassate. Di questo mi prendo cura, in questo momento di sospensione, di incertezza massima, di presa di coscienza ancor più concreta e palpabile della fragilità nostra e del mondo unilaterale e forsennato che abbiamo costruito.
Mi accompagna anche un'Ala, o Manto di piume, simbolo di protezione come l'Iside egizia dalle ali di falco che coniuga l'istinto animale, la capacità di vedere dall'alto e il legame alchemico tra la Terra e il Cielo.
Luisa Figini con la sua Ala